STEFANO CUSIN: l’avventura fa sempre goal

Una vita all’avventura grazie a un lavoro che ti toglie tanto, ma che sa darti altrettanto. Lo so bene pure io, in Stefano Cusin mi rivedo moltissimo e dai suoi racconti, nonostante le nostre esperienze totalmente differenti, ricevo emozioni uniche.

Stefano si è fatto conoscere all’estero come uno dei tecnici italiani più preparati e anche vincenti degli ultimi anni… In diversi campionati, categorie e ruoli: un vero e proprio “cosmopolita del calcio”.

Sono tanti gli eventi da ricordare come uno scudetto conquistato in Libia, nella squadra del figlio di Gheddafi oppure per il suo legame professionale e umano con Walter Zenga. Ma Stefano un record l’ha già battuto: è stato il primo allenatore italiano a sedersi sulla panchina di una squadra palestinese. Parliamo dell’Ahli Al-Khalil di Hebron, città della Cisgiordania meridionale, distante da Gaza, ma sempre una zona storicamente “delicata”.

E proprio su quella stessa panchina è tornato, dove ha vinto tanto durante la prima esperienza palestinese… Anche perché al cuor non si comanda!
Un altro mondo, Hebron dove il Mister si è lasciato alle spalle gli sfarzi delle limousine e dei jet privati degli Emirati Arabi, per andare a vivere una dimensione nuova, più familiare e umana.

LA PILLOLA

…“è fondamentale capire dove sono, conoscere le loro usanze, il loro vivere la quotidianità… L’ho fatto in tutti i posti dove ho allenato perché credo che sia alla base del mio lavoro… Che tutto parta da lì”…

“Il calcio e la vita quotidiana cambiano come il giorno e la notte: a partire dalle strutture che negli Emirati sono faraoniche, piene di comfort e curate nei minimi dettagli, tanto da far invidia a società di Premier League o Bundesliga. Qui, a Hebron, invece condividiamo lo stadio con altre due squadre, abbiamo rigidi orari di allenamento e non sempre si ha a disposizione l’intero campo da calcio”.

Anche l’approccio quindi cambia?

“Certamente, negli Emirati sei un allenatore chiamato per fare risultati e sei una parte dell’organigramma societario, dove ti trovi a gestire e far rendere al massimo i tuoi calciatori che hanno potere contrattuale e stipendi importanti. Qui in Palestina, invece, sei un punto di rifermento anzi IL punto di riferimento.
Come per la figura del maestro, anche per l’allenatore c’è grande rispetto e tutti ti seguono con grande attenzione, cercando di migliorarsi ed è veramente piacevole e stimolante lavorare con loro, perché c’è una grande voglia di arrivare, cosa che si percepisce sempre di meno in Europa o altri posti del mondo”.

La tua “giornata tipo” in Cisgiordania come si svolge?

“Appena sveglio, bevo subito un bel caffè prima di qualsiasi altra cosa! Poi mi ritrovo con il preparatore fisico e compagno di avventura Gianluca Sorini con il quale analizziamo i dati dell’allenamento del giorno precedente e facciamo il punto della situazione in vista della seduta del pomeriggio. Non rinuncio mai alla siesta post pranzo che mi rilassa e mi prepara ad andare in campo… La sera poi si va sempre a cena fuori, perché c’è sempre qualcuno che ti invita, fa parte della loro cultura e ospitalità… Non mi tiro di certo indietro!”.

Com’è, invece, vivere in Palestina?

“Ho un appartamento in centro, non troppo lontano dalla città vecchia (quartiere Ebraico) e mi trovo spesso in strada a contatto con la gente”. La Cisgiordania non è come la Striscia di Gaza, c’è molta più tranquillità, si vive bene e ho trovato la mia dimensione, molto familiare ed essenziale rispetto a quella degli Emirati”.

Hebron, letteralmente significa “amico”, riferito al patriarca Abramo, è una città della Cisgiordania (Giudea secondo la toponomastica ebraica) di circa 200.000 abitanti (palestinesi) più, circa, 700 ebrei che vivono nell’antico quartiere ebraico della città, a cui si devono aggiungere i circa 7.000 ebrei della contigua Qiryat Arba.

La città si trova circa 30 km a sud di Gerusalemme lungo la dorsale dei monti della Giudea; la città è famosa per le sue uve e per le fabbriche di ceramiche e vetri. È sede universitaria e nel 2017 la città vecchia di Hebron/Al-Khalil è stata inserita nella lista dei patrimoni dell’umanità dall’UNESCO.

“Per me è fondamentale capire dove sono, captare e conoscere le loro usanze, il loro vivere la quotidianità… L’ho fatto in tutte le avventure e in tutti i posti dove ho allenato perché credo che sia alla base del mio lavoro… Che tutto parta da lì”.

La tua filosofia come la applichi?

“Nelle corde di un allenatore deve esserci la volontà di dover tirar fuori il meglio dai propri calciatori, per questo devi essere duttile e soprattutto trovare un punto di partenza. Così, oltre ad ambientarmi e vivere la loro vita, devo conoscere tutto quello che hanno fatto fino al giorno prima del mio arrivo. In ogni mia esperienza è fondamentale la presenza di un assistente allenatore locale, che conosca le abitudini dei ragazzi, possa raccontarmi ciò che è stato fatto fino a poco prima e faccia anche da tramite con la società e soprattutto con i calciatori, comunicandomi le loro necessità o limare determinati problemi. Ad ogni subentro, il mio primo allenamento è perfettamente identico all’ultimo che hanno fatto: devo somministrare la mia metodologia gradualmente, senza stravolgere o entrare a piedi pari in un contesto a me nuovo. Tramite un metodo induttivo e supportato da tutte le componenti precedentemente dette, si arriva al cambiamento del gioco, per raggiungere i risultati.

Ho imparato questo da Walter Zenga perché creare empatia tra un gruppo e un allenatore è il mezzo per raggiungere un obiettivo comune. Per farlo la comunicazione è fondamentale: parlare come loro o condividere le loro stesse cose, averle in comune nel parlare è fondamentale… Pensa che mi sono memorizzato il nome di piatti tipici per poter fare battute, se qualcuno lo trovo appesantito in campo.

Un lavoro importante che svolgi ogni minuto di vita spesa li!

“Esattamente e poi devi essere sempre te stesso, non puoi fingere quello che non sei altrimenti non riuscirai mai a creare la famosa empatia che dicevo prima e non devi stravolgere le loro abitudini, sia di allenamento che di vita, altrimenti non ottieni nulla! Ogni posto è diverso per cultura, usi e di conseguenza anche nei modi di allenarsi… Sta a me trovare il mezzo giusto per inserire la mia filosofia”.

Cosa che sei riuscito a fare alla perfezione a Tripoli, in Libia ad esempio

“Fu la svolta della carriera: mi voleva l’Al-Ittihad, la squadra della Capitale di proprietà del figlio del Colonnello Gheddafi. A livello mediatico, vale come la Juve (… Se non di più!!!). 2.000 persone ad assistere agli allenamenti, 80.000 allo stadio. Quando sono arrivato, la squadra era quinta in classifica. Ti ho preso perché sei italiano e vieni dal Paese della tattica, mi disse subito Gheddafi Junior. La prima cosa che feci fu quella di ringiovanire la rosa lanciando qualche giovane del settore giovanile e dopo un duro lavoro arrivarono anche i risultati: vincemmo lo scudetto!.

A Tripoli ero molto amato dai tifosi, mi adoravano, pensa che mi portavano fiori, dolci, insomma mi adoravano e mi adorano! Dall’entusiasmo che mi riversavano addosso, quasi non riuscivo a camminare per la città… Ero diventato una celebrità!”.
Ora qui a Hebron ho trovato la mia nuova dimensione, farò di tutto per lasciare il segno anche questa volta!!!

I calciatori più importanti con cui hai lavorato?

Luca Toni, grande uomo, oltre che grande calciatore, Ricardo Oliveira e Mark Bresciano: grazie a lui ho capito la differenza tra un calciatore e un campione… La sua abnegazione e determinazione erano impressionanti”.

In futuro? Quale sarebbe la tua avventura se la potessi programmare?

“Mi piacerebbe allenare una Nazionale per partecipare alla Coppa d’Africa, d’Asia o, perché no, a un Mondiale!”.

Un auspicio che necessita di nuove avventure, di nuovi successi che di sicuro Stefano intraprenderà da qui a poco tempo…

Ma per ora c’è la missione palestinese da portare a termine per poter festeggiare il tutto con un bel Knafa (dolce tipico per tutte le stagioni incluso Ramadan) e un bel bicchierino di Arak (liquore tradizionale, ottenuto dal succo d’uva distillato come acquavite, al quale vengono aggiunti grani d’anice).

In bocca al lupo coach!! Cheers

LE COORDINATE DI STEFANO CUSIN:

Stefano Cusin nato a Montreal (QEBEC – CANADA) il 28 Ottobre 1968, allenatore UEFA PRO.

PALMARES:

– 1 CAMPIONATO LIBICO (Al-Ittihad 2009/2010)
– 1 COPPA DI PALESTINA
– 1 COPPA DI LEGA PALESTINESE
– 1 SUPERCOPPA DI PALESTINA
– 1 SUPERCOPPA WEST BANK

STAGIONE SQUADRA CATEGORIA
1997/2002 AREZZO Settore Giovanile Head Coach
2002/2003 MONTEVARCHI Settore Giovanile Head Coach
1999/2002 CAMERUN Nazionale Under 20 Head Coach
2004/2005 NQSAACADA SPORT
2007/2008 REP. DEL CONGO Nazionale Olimpica Head Coach
2008/2009 BATE PLOVDIV Bulgaria (Serie A) Head Coach
2009/2010 AL-ITTIHAD Libia (Serie A) Head Coach
2010/2011 AL-NASSR Arabia Saudita (Serie A) Assistant Coach
Gen 2011 AL-NASR Emirati Arabi (Serie A) Assistant Coach
2012/2013 AL FUJAIRAH Emirati Arabi (Serie B) Head Coach
2013/2014 AL-JAZIRA Assistant Coach
2014/2015 AHLI AL-KHALIL Palestina (Serie A) Head Coach
2015/2016 AL-SHAAB Assistant/Head
2016/2017 WOLVERHAMPTON Inghilterra (Serie B) Assistant Coach
Lug 2018 BLACK LEOPARDS Sudafrica (Serie A) Head Coach
Dic 2018 ERMIS ARADIPPOU Cipro (Serie A) Head Coach
Mar 2019 AHLI AL-KHALIL Palestina (Sereie A) Head Coach

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